in questo mondo di cinici allo sbando mi guardo e mi ci rivedo sto spingendo anch'io verso questo tracollo che abbiamo preso e anche senza spavento. di questa nostra natura possiamo farne qualcosa qualcosa di migliore? rispondetemi signore possiamo? perché allora agiamo facciamo rubiamo da sempre d'ovunque col potere delle parole nella voce, quando la mano deve seguire l'occhio e non la voce? ci pensereste ad un mondo migliore no è la distopia utopica della supposizione! e questo animale che tu mangi fetta a fetta e guardi con gli occhi del vecchio saggio che muore, che colpa aveva di finire in mano nostra l'essere ignobile e re di tutto il pianeta? ma guardi qui signore guardi dove appiccano fuoco coi loro stendardi e guadagnano fama di stelle cadenti guardi come spengono la luce del cielo accendendone di superbe e coprendo di gran nero mare. e perché seguono solo le regole imposte da voci più grandi e imparano a mancare di voce propria, non deve il cuore fermare la mano quando colpisce sapendo che l'occhio di lacrime e sale annegherà? o forse siam sempre solo investiti d'egoismo da dizionario e non pensiamo che forse una strada ci sia? e se ci fosse perché nessuno ce l'ha mai mostrata e vaghiamo nell'ombra da sempre come nottambuli lucidi della vita vera? io non lo so signore non so più niente e perché sono qui neanche me lo sono spiegato qui c'è la faccia della felicità messa al pubblico disprezzo.
siamo l'inizio di una fine ma non finiremo. buttarsi a polmoni pieni le braccia alzate, onde su un mare d'oceano controcorrente. cavi e microfoni rotti sentiamo il sudore bruciare negli occhi stringiamo idee da mezzo minuto
siamo la rabbia a pugni chiusi. ammassati insieme, grida e cuori per stanze troppo strette e velocità velocità ancora di più col sangue sulle ginocchia le labbra spaccate e la pelle strappata
siamo le schiene curve siamo la vita che brucia. stringendoci pestandoci i piedi ridendo ossa sopra ossa rovineremo insieme su noi stessi, voci fuori campo del blackout. siamo questo, e non cambieremo mai.