guardandomi intorno
in stanze di specchi
ciechi come il colpo
sempre prima al cuore,
come la terra
che ricopre ora i miei occhi.
smetto di contare i respiri
divisi tra il giorno delle nostre stelle
e quello della grande onda
col mare scuro in viso
e nessuna luce
da seguir per perdersi ancora.
suona tamburo e picchiami le spalle
voglio restare
dove l'erba smette di crescere
e la pioggia copre l'odore
di tutti i miei giorni sbagliati
di tutte le ore in silenzio
a cercar le nuvole,
suona per i miei denti rotti
per le mie vecchie mani
per questi capelli bianchi
per ciò che sai
ridi di me per ciò che è stato
che rimane ora inchiostro sotto pelle
e su carta bagnata
dal bordo delle mie labbra.
quanti i suoi capelli?
quanti i colori
della mia pelle?
quanta strada ancora
per raggiungermi?
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