giovedì 19 novembre 2009

Pianerottoli vuoti

[racconto breve]

Non aveva un bell'aspetto, non ce l'aveva mai avuto da allora. Dopo sette anni di orgasmi artificiali il sole sta calando oltre l'orizzonte del suo sguardo, fiumi di fuoco gli annebbiano la vista, la sua sagoma si perde nelle lande delle eterne nebbie.
Alla morte della madre Will e suo padre dovettero ricominciare, aggrappandosi a tutto, restare in piedi, ma il vecchio cadeva sempre più a fondo nel pozzo. Il figlio lo guardava con occhi vuoti, smise di osservarlo quando la fossa fu abbastanza profonda.
Il vecchio conobbe al bar un tizio, aveva venticinque anni ma ne dimostrava cinquanta nelle sue guance scavate e nelle occhiaie scure, il corpo scheletrico e venoso era una terra secca, arida, scolpita nella roccia, da tempo le acque linfe di vita non ne bagnavano la superficie. Morì due anni dopo il loro incontro, sposandosi alla sostanza la sua essenza svanì poco a poco, l'ultimo tortuoso viaggio si portò via anche lui. Il vecchio non ci pianse su troppo, in effetti lo ha sempre incolpato di essere colpevole della sua medesima scesa in campo. Io non voglio iniziare questo gioco, amico. Io non ho mai voluto, amico. La colpa è solo tua, guardami, sono il tuo riflesso, amico. Ripeteva. Negli ultimi anni si era quasi scordato il volto del suo primo profeta, pur continuando a rimpiangere quei paradisi sfocati a poco prezzo, non smettendo mai di incolpare quel nome ormai in fuga dalla morsa dei ricordi. Il volto solitamente vendeva sostanza davanti alle scuole della città, il volto vendeva merda agli angeli, il volto regalava pezzi di Terra Promessa ai pellegrini ancora esenti di fede.
Il vecchio guardava il ragazzo, il ragazzo la polvere sull'arredo, da tre anni avevano smesso di parlare, di incrociare gli sguardi, più per volere del ragazzo che del vecchio, lo considerava non molto più di quanto tenesse conto del posacenere d'oro, falso, nel salotto. Hai le chiavi? La macchina ha la benzina? Ti ha cercato questo. Ti hanno lasciato quello. Le poche parole che il loro etere concedeva.
Al vecchio lasciavano la sostanza sotto la campana arrugginita davanti la porta dell'appartamento, al ragazzo bussavano per avere autografi su fatture di spedizione per certi libri di medicina. Il ciclo del microcosmo si esaurisce, arenandosi sulle rise dello scorrere degl'anni.
Ora il ragazzo del nuovo vecchio impara a camminare, non lontano dalle prime ginocchia sbucciate. Impara a cadere, impara a rialzarsi, impara a sopportare la vita. Non capirà mai perché il vecchio passa intere notti sul pianerottolo a consumare nicotina, non saprà mai perché il vecchio versa lacrime nere tra il posacenere d'oro e la campana arrugginita.

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